Giorgione è una delle figure più enigmatiche del nostro tempo e grazie allo spettacolo : “Rivelazione” andato in scena al Teatro Sociale venerdì 2 marzo, la compagnia Anagoor, gruppo tra i più rilevanti dell’attuale panorama nazionale del teatro di ricerca, vincitore del primo Premio “I Leoni d’Oro per il Teatro” 2018 alla Biennale di Venezia, insieme all’attore Marco Menegoni e alla regia di Simone Derai, riescono a renderci compartecipi del tempo dell’artista, tra fine 1400 e 1500, periodo in cui operò il famoso pittore. Le sue parole si trasformano così in visioni per lo spettatore, che si trova catapultato nella Venezia a cavallo tra XV e XVI secolo, tra mercanti, pellicciai, inventori del cristallo e viandanti provenienti da ogni dove. Giorgione, proprio come la costellazione delle Pleiadi, le 7 sorelle, lo si comprende meglio se non lo si fissa direttamente ma se la messa a fuoco viene spostata leggermente. Così le sue opere vanno rilette in una chiave diversa, rivelatrici di molti aspetti e segreti del passato. Sette sono le meditazioni che vengono analizzate dall’attore in scena, ognuna corrispondente ad un’opera specifica del pittore: silenzio, natura umana, desiderio, giustizia, battaglia, diluvio e tempo, le quali rimandano alle opere di Giorgione che sono la Pala, i Ritratti, la Venere Dormiente, la Giuditta, i Tre filosofi, la Tempesta e il Fregio.
Su due schermi posizionati alle spalle dell’attore, durante il monologo, vengono così proiettate le immagini dei dipinti analizzati, accompagnati da una musica di sottofondo che ci riporta ad antiche gesta eroiche e a usi e costumi di un tempo passato ma che ineluttabilmente si ricollega anche alla contemporaneità, come i sentimenti umani che sono universali e che vengono resi sulla tela grazie alla maestria del pittore veneto. Il dolore espresso nella Pala di Castelfranco, dipinto che raffigura Matteo, defunto in battaglia, figlio del committente Tuzio Costanzo, attraversa i secoli giungendo sino a noi. Anche il desiderio sessuale è un elemento universale che viene ben rappresentato nel dipinto della Venere Dormiente, anche se qui l’autore si prende beffa del desiderio, disegnando in fondo alla donna nuda e supina, un albero spezzato, ad alludere come, lungi dall’accendere il fuco della passione, le malattie sessuali, in primis la sifilide, allora molto diffusa, falcidiassero la popolazione. Anche la guerra e la battaglia sono elementi universali che vengono ben resi dalla Giuditta con la testa di Oloferne che rappresenta la giustizia, mentre i Tre filosofi rappresentano le tre religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo e islamismo),che si sono combattute nel corso della storia e che continuano a scontrarsi tutt’oggi, ricollegando il dipinto a visioni apocalittiche, come quelle che anche noi abbiamo vissuto negli ultimi tempi con l’assalto alle torri gemelle, emblema di una civiltà prossima all’autodistruzione. Un ritorno alla natura e all’essenza stessa delle cose ci viene dato invece dal dipinto “La tempesta”, un ordine costituito della realtà che nel messaggio che trapela nell’opera il“Fregio” rischia di essere messo in discussione, con la fine dell’età dorata della civiltà, un rischio, ancor oggi presente se non si preserva il mondo in cui viviamo.