Uno spettacolo di teatro civile, quello andato in scena da giovedì 18 a domenica 21 gennaio al Palacreberg di Bergamo, all’interno della Stagione di Prosa, dal titolo “Va pensiero”. Al centro della vicenda il contrapporsi tra i valori risorgimentali che hanno reso grande il nostro paese e la corruzione, realtà purtroppo presente anche ai nostri giorni. La pièce, che trae spunto da una storia realmente accaduta in un paesino dell’Emilia Romagna, Brescello, ha per protagonista un vigile urbano, che ad un certo punto finisce per diventare scomodo per i malviventi che amministrano il paese. Il sindaco, qui magistralmente interpretato da Ermanna Montanari, attrice e compagna del regista dello spettacolo, Marco Martinelli, decide quindi di licenziarlo, dopo il suo tentativo giunto a buon fine, di sabotare un affare illecito di stampo mafioso, a cui è legata anche l’amministrazione comunale.
I valori che hanno reso grande il nostro paese, contenuti anche nelle grandiose opere verdiane, come il Nabucco e Va’ Pensiero, sono qui interpretati da“Gli Harmonici”, giovane coro femminile bergamasco diretto da Stefano Nanni. Essi fanno da contraltare ai disvalori di una società che pensa solo ad arricchirsi e ad acquisire potere a danno degli altri, in cui vige la legge del più forte e del più potente. A nulla varranno i tentativi di un’onesta famiglia di gelatai napoletani di combattere la malavita che ostacola la loro attività economica, chiedendo aiuto proprio al sindaco, che lungi dall’occuparsi della questione, pensa bene che sia più semplice e vantaggioso lavarsene le mani e stringere affari proprio con la malavita locale.
Un paese, un po’ come la nostra Italietta post risorgimentale, che preferisce chiudere gli occhi e fingere che mafia e corruzione non esistano, soprattutto in un paese tranquillo dell’Emilia. “Chi non ha mai desiderato almeno una volta nella vita di buttare giù da un ponte qualcuno che ci ha dato fastidio, ci ha rovinato la vita, ci ha rubato il posto di lavoro?” è l’amara e cinica considerazione del sindaco del paese. In un mondo in cui la legge sembra essere quella dell’homo homini lupus, sembra quasi che ciò che ci trattenga dal compiere un omicidio sia solo la paura di essere puniti dalla legge e non il senso di colpa o la pena provata per la vittima della nostra azione nefanda. “Se nessuno ci punisse e fossimo convinti che la tal persona non interferirebbe più con la nostra esistenza forse penseremmo all’omicidio come a una probabile soluzione ai nostri problemi” è la disumana riflessione in un paese ormai privo di valori morali ed etici. Uno dei pochi a difendere la libertà e l’onestà resta il protagonista, portavoce di un grido disperato e ancora vibrante di speranza, perché si ritrovi il senso di parole come “democrazia” e “giustizia”.