Canto il corpo elettrico: il corpo come limite e riscatto della filosofia.

La nostra pelle è il grande sconosciuto. Lo strato epidermico, fisiologicamente preposto alla difesa dagli attacchi esterni, è la barriera che ci esclude l’ingresso in noi stessi. Quando, nella più rosea delle ipotesi, si attivano dei contatti, il canale comunicativo tra noi e il nostro corpo sarà lastricato da non poche incomprensioni. Non sappiamo cosa farcene, del nostro corpo, innanzitutto perché ci appare come separato da noi stessi: la massima cura o il disinteresse più totale sono due facce della stessa, straniante, medaglia.

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Inutile citare a giudizio la concezione platonico-cristiana del corpo come tomba dell’anima, da ignorare o mortificare: in mezzo c’è stato tutto il Novecento, con Schopenauer, Nietzsche e Foucault. Perché poco è cambiato? Perché le nostre risposte alle domande di Pasolini in Comizi d’amore (1965), in cui corpo e sessualità sono centrali, sono rimaste quasi le stesse?

Se credete non sia così…piccola sfida! In fondo all’articolo sono trascritte molte delle domande che Pasolini fece nel suo viaggio lungo la penisola alla scoperta dei costumi sessuali degli italiani: provate a rifarle ai vostri amici, al vostro vicino di pianerottolo e a vostra madre. Qui si è pronti a riparlarne…

Nel frattempo, è utile descrivere brevemente come si ponevano i componenti del citato trio filosofico nei confronti del soggetto inteso come materialità di sangue, ossa e istinti.

Secondo Schopenauer, l’uomo si trova in una posizione del tutto particolare perché, in quanto soggetto conoscente, ha la possibilità concomitante sia di percepirsi come oggetto passivo d’esperienza sia di riconoscersi come incarnazione puntuale di una forza pulsionale cieca e senza direzioni, la volontà. Tale posizione liminale permette al soggetto di squarciare il velo che gli impedisce l’approccio diretto alla realtà nella sua autenticità, relegandolo a comode ma ingannevoli rappresentazioni: il corpo è qui chiave d’accesso, scarto conoscitivo e presa di consapevolezza.

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Anche la critica tout-court di Nieztsche prende le mosse dal corpo: l’appello accorato, sebbene disilluso, è quello di rimanere fedeli alla terra, ovvero riappropriarsi della propria integrità umana spazzando via il marchio di vergogna dalla dimensione corporea e dai valori ad essa legati. Il bavaglio messo alla vitalità e all’immediatezza del corpo è, per Nietzsche, il trionfo del razionalismo imperante da Socrate in poi: il sopravvento dello spirito apollineo, invece del suo temperamento prodigioso e paradossale con quello dionisiaco, è il simbolo della decadenza dell’uomo occidentale e del suo tempo.

Foucault muove un passo ulteriore di denuncia, mettendo in relazione la dimensione corporea con gli strumenti e l’esercizio del potere: la società contemporanea, intrinsecamente medicalizzata, utilizza la dicotomia sano-malato per intromettersi nell’intimità sessuale dei suoi componenti ed indirizzarne i discorsi e gli atteggiamenti verso il proprio ed altrui corpo. Non c’è nulla di più pericoloso di un potere che, colonizzata la sfera privata, induce i soggetti su cui si esercita a percepirsi profondamente estranei rispetto al corpo in cui (grazie a cui) nascono e vivono. “Stranieri nel corpo”, come titola un saggio contemporaneo della filosofa Michela Marzano.

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Ritorniamo ora, con un salto, nel presente: un recentissimo racconto-dossier e un film possono gettare luce su come è affrontata attualmente la questione corpo, specialmente quello femminile. In Cosa pensano le ragazze, appena pubblicato per Einaudi, la giornalista e scrittrice Concita De Gregorio raccoglie i risultati di una miriade di interviste rivolte a “ragazze” di ogni età e storia di vita, a cui sono state fatte le medesime domande. Una buona parte di esse ruota attorno al rapporto con la dimensione corporea: Cosa guardano i maschi in un corpo? Cosa le femmine? Le ragazze guardano il porno? Tu ti piaci? C’è qualcosa che cambieresti di te?

Invece Mustang, film francese del 2015 ad opera della regista francoturca Deniz Gamze Ergüven, ha tra i suoi pregi quello di rappresentare, attraverso i personaggi delle cinque giovani sorelle, il corpo nelle sue sfaccettate possibilità: il corpo come ostacolo, il corpo immaginato altrove (“Facciamo finta di essere al mare…), il corpo come unico spazio di libertà da truccare e abbigliare o proteggere, il corpo che impara abilità proibite e scappa, il corpo che si arrende.

Il quadro che ne esce dimostra che il dibattito attorno allo spazio del corpo è al di là dal potersi considerare concluso, anzi, il dibattito è l’obiettivo stesso: attorno alla dimensione fisica continua ad aleggia innanzitutto lo spettro del tabù, dell’omertà tacita e del misconoscimento.

La generazione X non discute del proprio o altrui corpo e di ciò che con esso sperimenta perché è a corto di parole, terminologie e contesti: l’educazione alla comunicabilità del corporeo paga tuttora lo scotto di non averci saputo traghettare oltre una pruderie da età vittoriana.

L’ignoranza è intatta quanto la forza delle pulsioni: la meravigliosa urgenza dei fenomeni corporei non sopporta di essere soffocata da analfabetismi, silenzi e stereotipi, poichè “Il corpo è ciò dinanzi al quale non è più possibile asserirne la non evidenza (La filosofia del corpo, M. Marzano). Il corpo ci inchioda alla realtà e, contemporaneamente, ci permette di assaporarla. Il corpo sa tutto, diceva B. Yoshimoto.

Comizi d’amore: alcune sparse domande di Pasolini agli italiani nel 1965

«Secondo lei la donna sessualmente ha la stessa libertà dell’uomo o no?»
«Lei sa cos’è un feticista? Ha mai provato qualcosa che assomiglia al feticismo?»
«Se lei si accorgesse che suo figlio è omosessuale, come si comporterebbe? »
«il libertinaggio è una aberrazione sessuale o una scelta morale?»
«Ti piacerebbe essere un Don Giovanni? »
«Se dipendesse da lei, come risolverebbe il problema della prostituzione?».
«Esiste la normalità e la anormalità sessuale? »
«Di sesso in Italia se ne può parlare liberamente? Oppure c’è un tabù? »
«Parla con i suoi figli (o genitori) di sessualità? »
«Ti scandalizzi?

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