Cosa posso detrarre?

Quando un soggetto apre la partita iva per intraprendere un’attività di lavoro autonomo o d’impresa, tra le prime domande che formula al proprio consulente questa è una delle più ricorrenti: ma cosa posso detrarre? Il consulente, solitamente, dopo una prima risposta “dipende” che lascia poco soddisfatto il proprio interlocutore, comincia a elencare una serie di costi che potenzialmente l’aspirante lavoratore autonomo può detrarre, con eccezioni, percentuali, deroghe che lo mandano in confusione. Così il nostro aspirante imprenditore, al primo appuntamento per la consegna dei documenti si presenta con liste della spesa, ricevute varie che il consulente analizza e, il più delle volte, cestina.

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Per evitare di sbagliare, il contribuente può riferirsi a delle regole precise?

L’inerenza

I piccoli imprenditori e lavoratori autonomi (a cui in particolare queste brevi righe sono dedicate) devono ricordare che la regola base per poter determinare se un costo, idoneamente documentato, sia deducibile o meno è l’inerenza. Secondo tale principio deve sussistere un collegamento tra la spesa sostenuta e attività produttiva di reddito imponibile. Il Testo unico sulle imposte sui redditi subordina la deducibilità di spese e altri componenti negativi, diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, al fatto che gli stessi si riferiscano ad attività o beni da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito. Deve quindi sussistere un rapporto causa-effetto, e cioè una correlazione tra spese sostenute e attività produttiva di reddito imponibile. Di conseguenza l’inerenza è di per sé esclusa quando il relativo costo risulta estraneo all’attività, ad esempio perché sostenuto per esigenze personali o familiari del lavoratore autonomo o dell’imprenditore. Solo per alcune spese il legislatore fiscale ha individuato anche la misura massima di deducibilità e delle percentuali, quali quelle per autoveicoli, telefonia fissa e mobile, rappresentanza, vitto e alloggio. Per altre tipologie, invece, nulla viene disposto. L’inerenza in tali casi va valutata caso per caso, tenuto anche conto dell’opera interpretativa della giurisprudenza.
A questo proposito, con la recente sentenza n. 9554 del 2013, la Corte di Cassazione ha definito l’inerenza come il principio della riferibilità dei costi, che si intendono dedurre, a ricavi o ad altri proventi imponibili. Una relazione tra i due concetti di spesa e di impresa, per cui il costo assume rilevanza in virtù della sua correlazione con un’attività potenzialmente idonea a produrre utili, come può essere una spesa di pubblicità e di rappresentanza, che non sono direttamente produttive di ricavi, ma possono essere d’aiuto all’impresa per migliorare il proprio business.
Sempre per esemplificare (estremizzando, così da poter capire il concetto), l’acquisto di una chitarra è detraibile per un musicista o per chi commercia strumenti musicali perché inerenti alla propria attività, non certo per la generalità dei lavoratori autonomi e delle imprese per i quali tale spesa non ha alcuna relazione con l’attività intrapresa.

Casi concreti

Detto dei criteri generali, vediamo alcuni casi concreti di spese per le quali il legislatore ha individuato delle percentuali e dei limiti massimi di detraibilità.
Le spese per il telefono e per il suo utilizzo (fisso o portatile) sono una di queste. La deducibilità è pari all’80% della spesa sostenuta.
Le spese per l’utilizzo di autovetture (per i professionisti solo una, non esiste limite per le imprese) quali carburante, assicurazione, tassa di possesso, manutenzione, da quest’anno sono deducibili solo per il 20% del costo. Vi sono delle limitazioni (ovvie) anche per l’uso promiscuo di un bene sia ai fini privati sia per l’attività.
Le spese relative all’acquisto e all’utilizzo di beni mobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’attività e all’uso personale o familiare sono deducibili nella misura del 50 per cento. Per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile una somma pari al 50% della rendita catastale o del canone di locazione, anche finanziaria, a condizione che il contribuente non disponga di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’attività. Per quanto riguarda le spese di vitto e alloggio, la deducibilità è pari al 75% di quanto pagato.Per i professionisti vi è un’ulteriore limitazione massima: non possono essere superiori al 2% dei compensi.
Le spese di rappresentanza sono deducibili nel limite massimo dell’1% dei compensi per i professionisti e nel limite dell’1,3% dei ricavi (fino a 10 milioni di euro) per gli imprenditori.Per i professionisti limitazione anche per i costi per convegni: solo il 50% è deducibile.

Luca Leidi
Dottore commercialista

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