Finanziamento ai partiti

Le nuove detrazioni per il finanziamento a favore dei partiti

Il 13 dicembre u.s. il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti. Il governo nel Consiglio dei Ministri del 31 maggio scorso aveva già dato il via libera a un disegno di legge che ne prevedeva l’abolizione e regolamentava la contribuzione volontaria ai partiti politici. Un testo ad oggi approvato solamente dalla Camera dei Deputati e giacente da metà ottobre al Senato. Questo è quanto riporta il sito istituzionale del Consiglio dei Ministri.

Vediamo, in sintesi, quali sono gli aspetti salienti del decreto.

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Abolizione del finanziamento

Il decreto, che si ricorda deve essere convertito in legge e quindi potrebbe essere modificato, prevede che venga abolito il finanziamento statale “diretto” a favore dei partiti.

Viene previsto un regime transitorio, con una diminuzione delle somme del 25% ogni anno; dal 2017 il finanziamento pubblico diretto cessa del tutto.

I partiti dovranno sostenersi attraverso un sistema “indiretto”, frutto della libera scelta dei cittadini.

Tuttavia vengono destinati ai partiti i seguenti fondi: 91 milioni per gli anni 2014 e 2015 (pari a quanto previsto per l’anno 2013), 77,35 milioni per l’anno 2016 e 72 milioni per l’anno 2017.

In sostanza qualora il finanziamento dai cittadini non risultasse sufficiente, lo Stato provvederà a integrare le somme incassate dai partiti fino a concorrenza dei fondi stanziati.

Di fatto, quindi, per gli anni 2014 e 2015 i partiti non avranno alcuna diminuzione dei fondi a loro disposizione, indipendentemente da dove provengano.

 Nuove modalità di sostentamento dei partiti

Il decreto prevede diverse nuove modalità per finanziare i partiti: erogazioni liberali da parte di cittadini e imprese, destinazione del 2 per mille delle imposte, organizzazione di corsi.

I cittadini potranno usufruire di una detrazione dall’irpef pari al 37% delle erogazioni d’importo compreso tra i 30 e i 20.000 euro effettuate a favore del movimento politico prescelto.

La percentuale di detrazione scende al 26% per gli importi compresi tra 20.001 e 70.000 euro.

Al di là dell’importo massimo detraibile, tuttavia, una singola persona fisica non potrà erogare una somma superiore a 300.000 euro.

Per gli enti soggetti a ires (tipicamente le società di capitali), la detrazione è ammessa nella percentuale del 26% per gli importi compresi tra 50 e i 100.000 euro, con un tetto massimo di versamento pari a 200.000 euro.

I contribuenti potranno destinare il 2 per mille dell’irpef a favore del partito prescelto, con le stesse modalità con cui ora scelgono l’eventuale destinazione dell’8 e del 5 per mille.

Assoluta novità è la previsione normativa che prevede una detrazione dall’irpef pari al 75% della spesa sostenuta (con un limite massimo di 750 euro) dal contribuente che si iscriverà a scuole o corsi di formazione politica organizzati da un partito politico.

Il decreto individua dei requisiti minimi per i corsi, che dovranno essere previsti in un piano per la formazione politica presentato entro il 31 gennaio di ogni anno, in cui verranno descritte le attività di formazione previste, i temi principali, le modalità di svolgimento.

Tale piano sarà vagliato da un’apposita commissione che comunicherà entro quindici giorni il proprio nulla osta al partito.

Tutti i versamenti per usufruire delle detrazioni dovranno essere tracciabili e l’autore dovrà essere identificabile. L’elenco dei finanziatori e i relativi importi saranno pubblicati in maniera facilmente accessibile su Internet. E’ prevista la certificazione esterna dei bilanci dei partiti al fine di garantire la trasparenza e la correttezza nella gestione contabile e finanziaria.

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Cosa accadrà?

I politici oggi in carica hanno valutato che con la situazione attuale di disaffezione (per usare un termine garbato) alla politica, una sostituzione tout court dei finanziamenti diretti con i versamenti liberi dei cittadini avrebbe comportato il default dei propri partiti, i cui bilanci sono già traballanti.

Come abbiamo visto per il futuro prossimo (2014 e 2015) non vi saranno scossoni finanziari: la cifra di finanziamento è garantita.

Contro le diminuzioni previste per il 2016 e il 2017 (stiamo parlando del 21% in questo secondo anno) i partiti avranno tutto il tempo necessario per attrezzarsi, promuovendo campagne di sensibilizzazione tese a convincere i cittadini a erogare liberalità e a destinare parte delle proprie imposte.

Aver comunque posto un tetto massimo agli importi erogabili dovrebbe tutelare i partiti il cui elettorato è meno abbiente, evitando di favorire quelli che potrebbero più agevolmente riscuotere somme importanti.

Desta qualche perplessità la novità della detrazione per i corsi: potrebbe infatti prestarsi a facili raggiri, allorché la commissione deputata al loro controllo ammetta l’organizzazione di addestramenti di ogni genere e tipo mascherati dietro l’egida di corso politico, permettendo al partito di ottenere un’entrata di 750 euro e al partecipante una detrazione di 562: indubbiamente uno sgravio che potrebbe fare gola a molti.

Il reperimento alternativo dei fondi diventerà necessario per tutti i partiti, a cominciare dai due più grandi.

Per il Pd i rimborsi elettorali (la forma tecnica attuale del finanziamento pubblico destinata a scomparire) rappresentano i tre quarti delle entrate, mentre per il Pdl (considerato ante scissione) gli ingenti stanziamenti del suo presidente, che verrebbero vietati per l’inserimento del limite massimo, coprono ogni anno le perdite gestionali (il disavanzo patrimoniale del 2012 è stato di oltre 67 milioni)

Luca Leidi
Dottore commercialista
Telefono Studio: +39 (0)35 221161

luca.leidi@tomasiassociati.it

 

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