Sono gay

Il 27 ottobre a Roma un ragazzo di 21 anni si è gettato dall’undicesimo piano. Si è suicidato perché, come ha lasciato scritto, era gay . Studiava scienze infermieristiche e voleva curarsi degli altri. Lo prendevano in giro fin dalle scuole elementari.

Il dibattito sull’omosessualità è venuto alla ribalta in questo ultimo periodo in Italia dopo questo e altri episodi di cronaca. Siamo nel 2013 ma esiste ancora una mentalità retrograda che non accetta la diversità sessuale. E molti psicologi e psicoterapeuti hanno spesso a che fare con genitori in difficoltà perché non riescono a far fronte a questa realtà con i loro figli oppure pensano che siano malati e debbano essere ‘curati’.

Eppure già dal lontano 1973 l’omosessualità è stata tolta dalla lista delle malattie mentali e riconosciuta come ‘variante non patologica del comportamento sessuale’. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha condiviso da diversi anni questa decisione.

È stato infatti accertato che le persone omosessuali possiedono un’identità psichica suscettibile alle patologie uguale a quella delle persone eterosessuali.

sono gay 1

L’orientamento sessuale

Le scelte sessuali in generale, omosessualità o eterosessualità, secondo molti studiosi hanno origine nella prima infanzia. Secondo Marcel Rufo psichiatra infantile e direttore della Maison des Adolescents di Parigi, l’omosessualità si manifesta già verso i 4-5 anni. Un bambino per esempio può ’innamorarsi’ di un altro bambino ed essere attirato da tutto ciò che è femminile. I genitori potrebbero già rendersi conto dell’omosessualità di un figlio se da piccolo non prova nessun interesse per le armi, per il calcio o per i giochi maschili preferendo piuttosto trascorrere il tempo con la mamma, la nonna o altre figure femminili. Ma la sua omosessualità si esprimerà compiutamente solo nell’adolescenza, magari dopo qualche scelta/errore, mentre l’inverso, cioè la scelta omosessuale seguita da quella eterosessuale si manifesta raramente.

Lo psichiatra francese parla anche di scelte bisessuali da non confondere con le scelte omosessuali. Queste ultime sono molto più frequenti e vengono vissute con gran senso di colpa. Ma sembra che i giovani d’oggi siano meno turbati rispetto ad un tempo , sicuramente per la maggiore apertura della società odierna su queste problematiche.
Ciò nonostante sono ancora molti i ragazzi, specialmente i maschi, che incontrano difficoltà nella vita di tutti i giorni, e alcuni di loro malgrado le apparenze, come dimostrano appunto i recenti suicidi, possono risentirne in modo grave se sono psicologicamente fragili. Il problema sembra essere comunque più degli adulti con figli omosessuali.

Molti genitori influenzati da sentimenti omofobi e da luoghi comuni spesso reagiscono in modo sbagliato e anche imprevedibile alla notizia dell’omosessualità di un figlio. Pensano di essere dei falliti come genitori o provano vergogna ed imbarazzo e si isolano dagli altri, cosa che di sicuro non fa bene a nessuno in famiglia. Oppure vogliono provare a ‘farlo curare’.

sono gay 2

Omofobia ed eterosessismo..

L’omofobia di cui tanto si parla e molto presente ancora in Italia a tutti i livelli sociali, non è altro che un insieme di emozioni e sentimenti come l’ansia, il disgusto, l’avversione, la rabbia , la paura e il disagio che gli eterosessuali provano più o meno consapevolmente nei riguardi di gay e lesbiche. In quest’ ottica l’omosessualità viene considerata perversa, patologica, immorale.
Al contrario l’eterosessismo è la teoria secondo cui nasciamo tutti eterosessuali e quindi l’eterosessuale sarebbe l’unico orientamento sessuale possibile e normale. Molti genitori di omosessuali si trovano quindi di fronte a difficoltà enormi, prigionieri del conformismo e dei pregiudizi e fanno fatica ad accettare questo diverso modo di vivere la sessualità. Ma l’omosessualità non è una malattia!

sono gay 3

Consigli per i genitori:

È importante che i genitori si documentino sull’argomento ed evitino comportamenti impulsivi.

Se non riescono ad elaborare da soli la propria sofferenza chiedano aiuto ( per se stessi, non per il figlio se non richiesto) ad un professionista come il medico di fiducia o ad uno psicoterapeuta che possa fornire loro gli strumenti per affrontare nel migliore dei modi la situazione.

E non abbiano paura o vergogna di fronte al giudizio della gente. Ricordino pure alla gente che persino Papa Francesco al ritorno dal suo viaggio in Brasile dopo le Giornata Mondiale della Gioventù ha detto : ”Chi sono io per giudicare gli omosessuali?”

***

La testimonianza di Frédéric:

Frédéric d’Angelo, un caro amico italo – belga di 42 anni, ha accettato senza esitazione di raccontarci la sua storia. Quando gli abbiamo proposto di usare un nome di fantasia al posto del suo si è stupito e ci ha risposto: “ La mia storia è vera, perché dovrei usare un nome falso?!” Touchée..
Si racconta volentieri. A ‘salvarlo’ dalle botte di suo padre e dai pregiudizi del piccolo paese della campagna belga dove viveva da ragazzo, oltre al suo carattere forte e all’affetto speciale di una delle sorelle, uno psichiatra illuminato. Fu infatti il medico da cui i genitori l’avevano mandato, affranti dopo la fatidica ‘rivelazione’ della sua omosessualità, a dirgli : “Rien de mauvais avec toi!” ( niente di’ sbagliato’ in te!) Poi aggiunse di voler parlare con i suoi genitori.
Non li conobbe mai. Il papà era un abruzzese di Orsogna, la mamma belga; una coppia male assortita che poi si separò. Severissimi e bigotti, quando seppero della ‘diversità’ di Frédéric reagirono in modo diverso. La madre piangendo e disperandosi per la vergogna, il papà riempiendolo di botte. Eppure fino alle scuole medie e oltre Frédéric aveva vissuto una vita abbastanza tranquilla. Coccolato dalla nonna e dalle sorelle non si era mai posto domande sulla propria sessualità anche se il nonno si lamentava che preferisse fare lavoretti femminili anziché dargli una mano in campagna. Lui forse aveva capito..
Già da un po’ per la verità i compagni di scuola e gli amici avevano cominciato a chiamarlo pédé (finocchio) e a ridere di lui per quei suoi modi un pò troppo femminili. Poi confidò ad una delle sorelle, la preferita, di non provare nessun trasporto verso le ragazze. Lei lo aiutò a capire, ma poi purtroppo commise lo sbaglio, in buona fede, di informare i genitori.
In casa scoppiò quello che Frédéric definisce “l’enfer”, l’inferno.
Frédéric soffrì molto per un paio di anni ma non si perdette mai d’animo. Concluse la scuola alberghiera e rifiutò un’ottima offerta di lavoro al paese pur di andarsene in città, a Bruxelles, dove grazie ad una borsa di studio frequentò per due anni una scuola di commercio e approfondì la conoscenza delle lingue. Poi trovò lavoro in un grande albergo in città, il Palace. In seguito decise di trasferirsi in Inghilterra dove rimase per 15 anni.
Ricorda il periodo di Londra come uno dei più belli della sua vita, per il grande senso di libertà, per la scoperta di nuovi amici e naturalmente per il suo ingresso vero nel mondo del lavoro. A Londra conobbe uno scrittore di passaggio che lo portò con sé in Svizzera a lavorare. Da allora sono passati 5 anni.
Frédéric oggi è una persona felice e realizzata. Di suo padre (“ Il était mauvais..” era cattivo.. dice ) non ha più notizie da oltre 20 anni; vede ogni tanto la madre che si è trasferita in Spagna con un nuovo compagno e mantiene un rapporto speciale con la sorella che per prima l’aveva capito ed accettato così come era.
“Sono una persona felice. Probabilmente grazie alla mia omosessualità. Sì, perché se non fosse successo tutto ciò che è successo da quando i miei genitori hanno saputo che ero omosessuale io ora non sarei qui! Sarei forse sposato (come loro avrebbero voluto) magari con una donna che non amerei, avrei dei figli (ma io non ho mai avuto desiderio di paternità..). Probabilmente sarei una persona ‘non autentica’ come tanti omosessuali che sono sposatissimi ma hanno una loro vita parallela e spesso e volentieri tradiscono la moglie con uomo..”

Link utili

AGEDO, Associazione Genitori di Omosessuali, www.agedonazionale.org

Sulla tematica si consiglia la visione di “Due volte genitori”, film del regista Claudio Cipolletti

Ulteriori approfondimenti della stessa autrice:

Suicidi giovanili: sono prevedibili?

Aiutami, sono triste!

Educate, non punite!

Giovani e alcolismo

Mai nemici per la pelle!

Lasciamo vestire i ragazzi come vogliono!

Non ricattiamo i figli con i regali

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *